mentalità problem solving
La capacità di risolvere problemi si costruisce col tempo. Non è una dote innata.

Richiede di adottare una mentalità particolarmente aperta e curiosa e di aderire a un processo sistematico per risolvere anche i problemi più imperscrutabili.

I risolutori di problemi principianti tendono ad evidenziare il loro processo analitico e la matematica per convincere della bontà del loro approccio. I risolutori di problemi esperti sono diffidenti degli approcci troppo razionali e invece cercano di individuare più soluzioni e strategie alternative valutandole in termini di probabilità e impatto.

Inoltre il processo di problem solving solitamente procede per tentativi ed errori.

Una buona risoluzione dei problemi in genere implica la progettazione di esperimenti per ridurre le incertezze chiave. Ogni mossa fornisce informazioni aggiuntive e crea delle nuove capacità.

Dobbiamo quindi trovarci a nostro agio con stime e valutazioni approssimative e basarci su una attenta valutazione delle probabilità per prendere buone decisioni, anche quando queste supposizioni sono imperfette.

Sfortunatamente, gli esseri umani non sono buoni statistici intuitivi e scambiano facilmente per certezze delle semplici intuizioni.

Per sviluppare un atteggiamento positivo e costruttivo nella soluzione dei nostri problemi è quindi utile comprendere ciò che ci può aiutare.

Essere curiosi

La curiosità è il motore della creatività

Come ogni genitore sa, i bambini di quattro anni chiedono continuamente “perché?”.
Per i giovanissimi, tutto è nuovo e incerto. Ma sono alla scoperta e determinati a capire le cose. E sono bravi a farlo!

Quando si affronta una situazione incerta, bisogna riscoprire questo atteggiamento “infantile” e chiedersi senza sosta: “Perché è così?”.

Sfortunatamente, con il passare degli anni tendiamo a smettere di chiedere e finiamo per dare per scontate molte cose che scontate non sono. Il nostro cervello crede di sapere e impone schemi che hanno funzionato per noi e per altri esseri umani in passato. Ecco perché una tecnica semplice, che vale la pena impiegare consiste nel fare una pausa e chiedersi perché le condizioni o le ipotesi si presentano in questo modo finché non si arriva alla radice del problema.

I pregiudizi umani, inevitabili in ogni processo decisionale, spesso ci fanno restringere troppo presto la gamma di soluzioni inibendo molte opzioni. Per uscire fuori da questa situazione dobbiamo mettere in discussione, verificandole, le premesse logiche da cui partiamo.

Un semplice suggerimento per generare più curiosità nella risoluzione dei problemi è quello di mettere un punto interrogativo dietro le ipotesi iniziali o le risposte di prima scelta. Questo piccolo artificio è sorprendentemente potente: tende a incoraggiare più percorsi di soluzione e si concentra, correttamente, sull’assemblaggio delle prove.

Oppure si può cercare di adottare un approccio di squadra coinvolgendo il proprio team nel processo decisionale.

Decidere insieme a più persone richiede tempo ma è molto efficace perché obbliga a vedere le cose da più punti di vista.

Tollerare l’ambiguità

Quando pensiamo a un buon risolutore di problemi, molti di noi tendono a immaginare un matematico equilibrato e brillante.

La realtà, però, è che la maggior parte del buon problem solving richiede molti tentativi ed errori

Il mondo reale è altamente incerto. La realtà si sviluppa come il prodotto complesso di eventi stocastici e reazioni umane. L’impatto di COVID-19 è solo un esempio: affrontiamo gli effetti sulla salute ed economici della malattia e le loro complesse interazioni, quasi senza alcuna conoscenza preliminare.

Ecco perché una delle chiavi per operare in ambienti incerti è l’umiltà epistemica, che Erik Angner definisce come “la consapevolezza che la nostra conoscenza è sempre provvisoria e incompleta e che potrebbe richiedere una revisione alla luce di nuove prove”.

Per affrontare l’imperfezione con umiltà epistemica, occorre mettere alla prova quelle soluzioni che implicano certezza. Ad esempio ponendo domande come “Cosa dovremmo credere perché questo sia vero?” Questo fa emergere ipotesi implicite sulle probabilità e rende più facile valutare le alternative.

La conoscenza perfetta è scarsa, in particolare per problemi aziendali e sociali complessi. Tollerare l’ambiguità può portare a una risoluzione dei problemi più efficace. È praticamente un must in situazioni di elevata incertezza o durante un’emergenza.

Vedere le cose da più punti di vista

Di solito un problema può avere più soluzioni.

Se ci si accontenta della prima che ci viene in mente si risparmia sicuramente tempo ma non è detto che sia la migliore.

Valutare più opzioni pesandole in termini di probabilità, tempi e costi ci fornisce un quadro più realistico di come stanno le cose.

In questo può essere utile coinvolgere altre persone nel processo decisionale. Ciascuna porterà il suo contributo conferendo ricchezza e alternative alle diverse opzioni.

Nessuno possiede la verità ma insieme possiamo riuscire a cogliere più aspetti del problema e mettere a fuoco più prospettive di soluzione.

Testare le ipotesi

Ogni possibile idea, ipotesi o soluzione deve essere verificata. Dobbiamo capire se e quando può funzionare.

Dobbiamo progettare dei casi che consentano di valutare in che misura le nostre ipotesi risolutive consentono di risolvere un determinato problema.

Basare queste valutazioni su dati oggettivi è fondamentale. Occorre raccogliere informazioni e agire in base a queste.

In questo modo è possibile anche attribuire dei punteggi alle diverse opzioni in modo da poterle comparare.

Considerare lo storytelling

La soluzione di un problema è fortemente condizionata da come il problema viene descritto.

A volte è impossibile trovare soluzioni se il problema è mal posto.

Bisogna soffermarsi a verificare che i termini utilizzati siano appropriati e che la “narrazione” del problema sia corretta.

Descrivere lo stesso problema con parole diverse ci aiuta a individuare se esistono aspetti non considerati o addirittura premesse che ci allontanano dalla soluzione.

Può sembrare solo un esercizio linguistico ma a volte diamo per scontate molte cose che scontate non sono e cambiare lo storytelling ci aiuta a rendercene conto.