Ruolo delle emozioni in una negoziazione
Spesso nei programmi accademici riguardanti la negoziazione ed il processo negoziale si insiste molto sull’importanza di mantenere sotto controllo le emozioni e di puntare sugli aspetti razionali.
Ma quante negoziazioni sono in realtà così asettiche e quanti negoziatori, anche professionisti, sono così distaccati durante il processo negoziale?
Per la verità il ruolo delle emozioni in una trattativa non è necessariamente negativo. Se correttamente manifestate, esse possono anzi aiutare nel raggiungere un accordo.
Quello che spesso si rileva nell’osservare molti negoziatori all’opera è invece una sostanziale incompetenza nel gestire le proprie emozioni e quelle dei loro interlocutori.
Manca in sostanza una buona dose di intelligenza emotiva.
In generale si può anche dire che gran parte dello stress presente nella gestione di una negoziazione dipende dalla difficoltà di entrare in contatto con le proprie emozioni.
La stessa rabbia o frustrazione che vengono sperimentate quando qualcosa va storto sono quasi sempre il riflesso di altre emozioni sperimentate durante la trattativa. Nel tentativo di puntare esclusivamente sugli aspetti razionali, sulla formulazione delle proposte e controproposte, si perde di vista il fatto che l’animo umano è fortemente condizionato dal clima emotivo in cui si svolge la negoziazione.
In sintesi possiamo dire che una negoziazione vive di un contenuto e di un contenitore.
Il contenuto sono gli aspetti oggettivi e sostanziali che caratterizzano una trattativa, il contenitore è rappresentato dal clima emotivo in cui la negoziazione si svolge.
Se il contenitore non trasmette alle parti in causa la sensazione di potersi fidare reciprocamente, qualunque contenuto venga trattato in quel contenitore sarà svalutato dal clima di sfiducia e diffidenza che si è venuto a creare.
Per questo motivo le fasi iniziali di qualunque negoziazione dovrebbero essere finalizzate alla costruzione del contenitore prima ancora che all’introduzione di qualsiasi contenuto.
Ruolo delle emozioni nella costruzione di rapporti fiduciari
Non possiamo pretendere di dover piacere a tutti né che tutti ci debbano manifestare consenso. Il consenso non è il prodotto di affinità elettive ma è il risultato di un paziente processo di individuazione di aree di convergenza.
In questo percorso le probabilità di incontrare momenti di irrigidimento e di ostilità sono elevate. Rabbia e disappunto sono reazioni che devono essere legittimate. L’energia che si sprigiona da esse deve essere utilizzata in modo corretto indirizzandola non sulla controparte ma sul problema che rischia di far naufragare la trattativa.
Costruire un contenitore che trasmetta un senso di fiducia significa trasmettere alla controparte il messaggio che qualunque cosa accada si intende costruire e non distruggere e che la volontà di ricercare un accordo prevale su tutto il resto.
Persino nel mondo animale esistono comportamenti che alludono a questa modalità. Se si pensa, ad esempio, al comportamento di due cani che si incontrano, essi cominciano a mordicchiarsi senza però affondare mai i loro denti. Il messaggio che si trasferiscono è che sono perfettamente in grado di mordersi in profondità ma che non intendono farlo perché preferiscono essere amici. E questo messaggio viene scambiato proprio all’inizio del loro incontro perchè altrimenti ogni altra azione verrebbe interpretata in modo ambiguo.
Quindi persino nel mondo animale si attribuisce importanza al contenitore prima ancora che al contenuto.
In termini pratici tutto ciò significa essere molto determinati nell’affrontare il problema e molto morbidi nei confronti dei nostri interlocutori.
Quando proviamo sensazioni di rabbia, prima di tutto dobbiamo accettarle e non rimuoverle dopodiché dobbiamo concentrare le nostre energie anche negative sul problema migliorando i precedenti tentativi di soluzione.
Se invece le energie negative vengono rivolte verso la controparte questo farà franare qualunque possibilità di successo.
Se ci sentiamo molto turbati dagli eventi, piuttosto che far finta di niente, può essere utile esplicitare con piena trasparenza ciò che proviamo. Se fatto con misura e senza scaricare rabbia sulla controparte, la manifestazione del proprio stato d’animo può aiutare una controparte responsabile a venirci incontro sul piano umano.
Qualcuno potrà dire: tutto ok ma che succede se ci troviamo al cospetto di controparti non responsabili e pronte a sfruttare tutto a loro favore e a metterci all’angolo?
Si può tornare a battagliare, a mostrare i denti, ma sempre ribadendo che si intende costruire piuttosto che distruggere. Dimostrando con atteggiamenti fattivi che l’obiettivo è l’accordo ma che non si è disponibili a farsi colpire impunemente.
Costruire un contenitore di fiducia reciproca richiede tempo ed a volte implica la possibilità di dover arretrare.
D’altra parte se questo lavoro paziente di costruzione di un rapporto fiduciario non viene svolto non ci sarà mai la possibilità di passare realmente sul piano dei contenuti.
Ci si illude di parlare di questioni concrete mentre il clima di diffidenza ci allontana da ogni possibilità di accordo.