potere del networking
La capacità di costruire reti (networks) intorno a sé è una delle più potenti forme di potere su cui si basa la leadership di un individuo. Il potere del networking appunto.

Reti professionali, reti di rapporti personali e politici, reti di interscambio di informazioni, social network proliferano tutte nella società moderna e sostengono le persone nella vita quotidiana.

Una buona rete tiene informati. Insegna cose nuove. Rende più innovativi. Fornisce una cassa di risonanza per le idee. Aiuta a fare le cose quando si va di fretta.
Potenzia le energie e consente di risparmiarle.

Il potere del networking consiste proprio in questa capacità di ottenere rapidamente informazioni utili per raggiungere i nostri obiettivi e di creare una rete di protezione fatta di rapporti con persone influenti in grado di veicolare consenso.

Ma per ogni persona che apprezza il valore di una serie di network di riferimento in ogni ambito della propria esistenza c’è una moltitudine di persone che prova una forma di disagio se non di resistenza innata ad ogni forma di networking.

Non si tratta tanto di una reazione all’impegno di tempo che la costruzione di reti richiede. Non è una questione di impegno o di capacità. E’ una barriera che deriva da un atteggiamento mentale di fondo che vede più i rischi che non le opportunità messi in gioco nella costruzione di reti.

Esistono una serie di fraintendimenti ed errori che non consentono di intravedere il potere del networking e ne limitano la portata:

  • Il networking è una perdita di tempo. Soprattutto quando i rapporti sono in fase di sviluppo essi non sono immediatamente legati ai compiti che dobbiamo svolgere. Ciò fa percepire uno scarto iniziale sensibile tra quanto ci occorrerebbe e quanto la rete di riferimento è in grado di fornirci. Occorre inevitabilmente del tempo prima che le relazioni si estendano, si consolidino e producano risultati. Non tutti sono disposti ad attendere quel momento. In realtà le persone che hanno successo nel networking creano reti per il piacere di farlo. Inseguono i propri interessi e non si preoccupano più di tanto se c’è una qualche forma di ritorno. Con il tempo la rete comincia a fornire nuove opportunità, ma richiede comunque dedizione ed attenzioni.
  • Il potere del networking è per le persone estroverse. Molti ritengono che occorre essere portati per la creazione di reti di relazioni personali. Le persone più introverse non amano passare del tempo in mezzo agli altri. Si sentono intimidite oppure hanno altri tipi di interessi che possono coltivare individualmente. Ciò rimanda all’annosa questione delle doti innate e delle capacità che invece è possibile apprendere. Ancora una volta è bene partire dai propri interessi. Non pensare ad altre finalità che non abbiano a che vedere con il coltivare i propri interessi. Il mondo è pieno di reti di persone introverse che si sono conosciute inseguendo semplicemente i propri interessi.
  • La rete dovrebbe formarsi spontaneamente. Seppure in prima battuta è un bene che l’incontro di persone avvenga sulla base degli interessi individuali, il rischio è quello che incontrandosi tra simili si producano reti troppo omogenee nel senso che non favoriscono l’innovazione per via di un nucleo centrale di idee e di visioni condivise da tutti i partecipanti al network. Queste reti “narcisistiche e pigre” non potranno mai darci l’ampiezza e la diversità di idee di cui abbiamo bisogno per capire il mondo che ci circonda, prendere buone decisioni e per avvicinare persone diverse da noi. È per questo che dobbiamo sviluppare le nostre reti professionali deliberatamente, come parte di uno sforzo intenzionale e concertato per individuare e coltivare i rapporti con le parti interessate. Il potere di un network deve essere qualcosa di più della somma delle persone che ne fanno parte. A volte una voce dissonante aiuta a non dare per scontate le cose e a rivedere le nostre posizioni e valutare nuove opzioni.
  • Le reti sono sostanzialmente autoreferenziali. Molte persone che non riescono a impegnarsi in rete giustificano la loro scelta per una questione di valori personali. Trovano la rete “insincera” o “manipolatrice” – un modo sleale per ottenere vantaggi personali, e quindi, una violazione del principio di meritocrazia. Altri, invece, vedono la rete in termini di reciprocità e di capacità di restituire più di quanto si è dato. Come al solito si tratta di atteggiamenti mentali diversi che finiscono per operare come “profezie che si autoavverano”. Ma il secondo modo di vedere le cose funziona e produce effetti sicuramente benefici.
  • Sono più importanti i legami forti. Questa idea intuitiva stabilisce che quelli che contano veramente in una rete sono i legami forti che riusciamo a sviluppare con poche, selezionate persone. Si tratta di una generalizzazione che sottovaluta i legami deboli e crea invece aspettative non realistiche nei confronti delle persone che percepiamo come più vicine a noi. Il punto non è che queste ultime non vogliano dare una mano. Il punto è che spesso hanno anche loro in mente lo stesso limitato numero di opzioni che abbiamo noi. Le soluzioni ai nostri problemi sono spesso fuori dalla zona di comfort rappresentata dalle nostre abitudini, preferenze, conoscenze e stili di vita.