yesman
Molti manager preferiscono gestire persone simili a loro e che soprattutto pongono pochi problemi.

Le risorse problematiche sono percepite come ostili e poco collaborative.

C’è una naturale selezione che privilegia i cosiddetti yes-man, coloro cioè che si limitano ad obbedire, non fanno domande ed eseguono i compiti loro affidati.

Se una di queste persone sta svolgendo un’attività importante e viene interrotto dal capo che gli chiede di fare altro, a questo punto si precipita ad accontentare le richieste del capo interrompendo ciò che stava facendo.

Trova tutto questo naturale e si aspetta che il proprio responsabile desideri e apprezzi la sua pronta disponibilità.

Quando il capo lo convoca per trasferirgli un incarico, lo yes-man ascolta senza battere ciglio e, come un buon soldato, non pone domande che potrebbero suscitare perplessità sulla sua capacità di portare a termine l’incarico.

Tutto ciò è sicuramente positivo in contesti in cui la rapidità decisionale ed il pronto intervento è fondamentale: in un pronto soccorso, in una compagnia di vigili del fuoco, in un gruppo di maestranze.

Ma esistono al giorno d’oggi molte attività professionali che richiedono persone in grado di svolgere analisi complesse e risolvere problemi in molti modi diversi: un gruppo di avvocati, di ingegneri, di architetti, di creativi.

Ciò richiede di comprendere in modo approfondito le circostanze in cui occorre intervenire e le modalità migliori per risolvere i problemi in questione.

In queste situazioni non c’è nulla di peggio che disporre di tutti yes-man che non fanno domande e quindi non mettono il loro capo in condizione di comprendere come intendono intervenire, le opzioni di cui sono consapevoli, le strategie che possono implementare.

Purtroppo molti manager (per lo più anagraficamente datati) si sono formati in epoche in cui il modello organizzativo prevalente era quello gerarchico in cui il capo ordinava ed il dipendente eseguiva.

Ma nelle moderne professioni non è detto che il capo abbia piena visibilità su tutti gli aspetti e necessita quindi del supporto dei suoi collaboratori per mettere a fuoco il da farsi.

Si tratta quindi di avere la capacità di costruire un gioco di squadra in cui i collaboratori devono riportare problemi ma anche ipotesi di soluzione ed il capo deve essere invece un portatore di metodo per strutturare il processo decisionale.

In questo modello in cui le decisioni vengono condivise, essere uno yes-man non aiuta mentre invece è utile il pensiero critico e quello analitico in modo da sviscerare fino in fondo le questioni.