rifiutare un incarico
Nella vita di qualunque professionista possono capitare circostanze in cui gli viene richiesto di svolgere un incarico di cui non è convinto.

Si tratta di momenti chiave della vita professionale. Situazioni in cui vengono contemporaneamente messe alla prova le competenze, l’esperienza e la tenuta emotiva di una persona.

A volte la risposta e l’adesione alle richieste di questo tipo sono quasi automatiche soprattutto quando il professionista è sotto una serie di condizionamenti (ad esempio se la richiesta arriva da un superiore gerarchico oppure da un cliente importante).

Oppure quando la persona è giovane ed ancora inesperta per cui è portata a dare per scontato che la richiesta sia per definizione legittima e che spetti a lui dimostrare capacità e competenze accettando l’incarico.

E’ comunque opportuno riflettere bene prima di accettare un incarico professionale che non si è in grado di assolvere.

Rifiutare un incarico può in molti casi essere il massimo livello possibile di espressione della professionalità di un individuo che assumendo su di sé il rischio economico e relazionale del rifiuto testimonia in questo modo ai propri interlocutori la necessità di rivedere ad esempio modalità e contenuti dell’incarico stesso. In molti casi questo può essere l’unico modo di destare attenzione su aspetti spesso trascurati.

Ad esempio, se un project manager comprende che non è stato fatto uno studio di fattibilità preliminare all’avvio di un progetto particolarmente impegnativo, oppure non esiste un business case che documenti l’opportunità di procedere, è bene che segnali questo fatto e si faccia autorizzare a produrli.

Questo passaggio è un aspetto fondamentale nella professionalità di un project manager: la necessità di documentare le proprie decisioni.

Rifiutare un incarico senza documentarne le motivazioni è sempre sintomo di scarsa voglia o poca responsabilità.

Perché il rifiuto di un incarico assuma il ruolo di preciso intervento organizzativo è necessario spiegare quali sono i ragionamenti che ci sono dietro ed aiutare i propri interlocutori a ritrovare il “bandolo della matassa” che magari hanno smarrito.

In altri casi al project manager viene richiesto di procedere al più presto con le fasi realizzative di un progetto saltando la fase di pianificazione per risparmiare tempo. Un buon professionista deve imparare a resistere a questo tipo di pressioni. Deve sapere che, se lo fa, le conseguenze ricadranno comunque su di lui. Un sì detto per quieto vivere quasi sempre produce effetti negativi e questi verranno imputati al project manager.

Alcune persone interpretano queste situazioni come una sfida che occorre sempre accettare. Comprendono le difficoltà cui vanno incontro e le accettano valutandole dentro una metafora sportiva.

Nulla da dire con un approccio di questo tipo ma nessun atleta o sportivo accetta sfide che sa non essere alla propria portata. Deve essere chiaro che il ruolo richiesto ad un project manager in fase di avvio di un progetto è quello di segnalare tutti quegli aspetti che possono impedire il successo del progetto.

Quindi la capacità di dire di no documentandolo deve essere considerata un’altissima capacità manageriale.

Qualunque committente o interlocutore messo di fronte ad un rifiuto argomentato è posto nella condizione di dover riflettere sull’opportunità di procedere o meno.
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